Il mio collega è depresso . È triste e sempre più
nervoso. Si ferma di fronte al macchina del caffè, e la fissa. Poi
in una smorfia si volge verso di me… "Abbiamo litigato…insomma, una serata
a recriminare… e io alla fine sono il solito uomo, che vuole la solita
libertà, quella - dice lei – un po’ vigliacchetta, di chi ha paura
dei legami eccetera. Insomma, alla fine sbotta: "la tua libertà
ti lega. Non lo vedi che in nome dei tuoi spazi, come li chiami tu, ti
costruisci la tua prigione?".
<E tu?>
<Io sono d’accordo! Lo sento anch’io che mi lego! Però
il punto…il punto è che io le ho detto la stessa cosa, anch’io l’le
ho sparato addosso il suo bel paradosso: « e tu?…le ho detto…tu dici
che mi ami, che mi vuoi bene…> e giù con la solita storia che voler
bene vuol dire volere il bene dell’altro…e che invece lei mi soffoca, che
è lei che mi chiude, che vuole legarmi col suo stesso amore, col
suo stesso bene…">
Fine della ricreazione. Il caffettierone anche questa volta non ci
ha dato caffè: anche questa volta non abbiamo fatto funzionare il
nostro barista automatico, anche ora non siamo stati capaci di schiavizzare
lo schiavo.
Rifletto: c’è una libertà che incatena – quella del
mio amico – e un amore che non ama: quello della sua donna. Paradossi e
paradossi arcinoti nella loro capacità di destabilizzare. Satbilissimi
nella nostra incapacità di disbrogliarne l’origine e sapervi intervenire.
Riprendo la questione. Della matassa scelgo un capo, e lo consegno
al mio amico (dovremmo lavorare, e invece addipaniamo i fili).
<La tua libertà ti incatena. Come è possibile?>
Grugnisce. <Sono cose che succedono>
<Sì ma a noi interessano le strutture, non i fatti…Vediamo
dove altro succedono, certe cose. L’acqua è bagnata?>
<No…non ha senso dirlo>
< Perché no?>
< Perché l’acqua intrinsecamente bagna, non può
lei stessa essere bagnata : un corpo qualsiasi può essere bagnato…l’acqua
no… >
<E dunque :un’acqua che non bagna non è acqua, ma questo
le impedisce di essere lei stessa bagnata. « Essere bagnato »
è la condizione e la proprietà di un corpo - che in se stesso
non è acqua - quando sia posto in una certa relazione con l’acqua>
<E allora ?>
<Allora dobbiamo distinguere due modi in cui le cose possono
essere: come l’acqua o quel corpo o come quell’ « esser bagnato »,
che è qualcosa che si dà solo come relazione>.
<E che vuol dire ?>
<Questo : che se mi concentro su quell’ « esser bagnato
», per coglierlo, per così dire in se stesso pensando di trovare
qualcosa di simile all’acqua, o al corpo, io non trovo in verità
nulla di paragonabile – come potrebbe essere un terzo corpo –. È
vero che tentando di isolare l’essere bagnato, di fissarlo « in quanto
tale » ho l’impressione di ottenere qualcosa come un oggetto, ma
mi sbaglio : non colgo altro che il risultato di una certa relazione tra
due oggetti, e che non esiste a prescindere da quella relazione – a differenza
dei due oggetti stessi –. Insomma trovo la relazione. C’è
questa zona intermedia tra corpo e acqua – la loro relazione – che non
può che essere una relazione: al di qua di essa trovo solo i due
termini della relazione, e non un « essere bagnato » isolabile
come fosse come fosse un terzo corpo ».
<E di tutto questo che ce ne facciamo ?>
<Bè, dal momento che tu hai dei problemi di relazione,
magari ci può tornare utile indagare la faccenda.Ritorniamo all’accusa
che ti è piombata addosso. Mettiamola così : «
Tu vuoi bagnarti? E allora restatene nell’acqua della tua libertà!
Tanto, più insisti, più resti asciutto. Siamo davanti, sembra,
ad un acqua che neanche risce a bagnare>
<Già ! Questo è il punto! Io cerco di immergermi
nella libertà, ed esco asciutto come dalla fontana di Lourdes, e
certo non miracolato. E allora ? come fai a servirti della libertà
come fosse acqua : l’acqua bagna !
<Eh certo…l’acqua non può essere bagnata, ma almeno
bagna. Il parallelo sarebbe proponibile se la libertà liberasse,
e invece tu resti asciutto. Ma non credere : la situazione è molto
simile. Cerchiamo di fare chiarezza…In cosa ritieni che lei abbia ragione
?>
<Ma…in questo: che penso la mia libertà come autonomia,
come difesa del mio spazio…>
<Sì, ma a parte la componente politico-militare?…"
<…>
<Voglio dire: una persona libera che caratteristiche ha?>
<Mah…, appoggiarsi a se stessa, e basta, nel senso per esempio
di non rischiare il panico se qualcosa o qualcuno viene a mancare, essere
appagata e realizzata… qualcosa del genere>
<Autoconsistenza…ti va bene?>
<Sì!…autoconsistenza…>
<Però insomma, succede che chi autoconsiste o cerca di
farlo è libero di essere e fare ciò che vuole, salvo una
cosa, e cioè vivere tranquilla la sua relazione… non è libero
di farlo nel senso specifico che per esempio tu ti senti a disagio, scappi,
e insomma sei necessitato a "difendere il tuo spazio": all’interno del
tuo spazio ti senti libero, ma quando lo senti minacciato ti viene l’angoscia
e non puoi fare a meno di ritrarti. Non sei libero, a quanto sembra, di
non essere libero. E per questo la tua donna ti accusa di essere incatenato
alla tua libertà>
<Già>.
<Eppure come si diceva, se l’acqua bagna, la libertà dovrebbe
liberare…>
<Appunto… e allora?>
<E allora pensaci: tu hai detto che vuoi essere autoconsistente>
<Certo…>
<…che vuoi l’autoconsistenza…>
<Si…>
<Ma nell’acqua non puoi trovare altro che acqua>
<Già…>
<E nell’autoconsistenza, puoi trovare altro che autoconsistenza?…>
<…>
<Insomma…s’è visto che « essere bagnato »
è un modo d’essere che esiste solo nella relazione tra due cose
che invece si danno anche fuori della relazione, di qualsiasi relazione:
corpo più acqua>
<Sì…>
<Nell’acqua « in sé » trovo l’ essere bagnato?
>
<No…>
<E allora…nella libertà in sé, trovo l’essere libero?
O devo avere piuttosto un altro in sé, come il corpo nel caso dell’esser
bagnato ?>
<Bè, sì, sono io che voglio essere libero…>
<E allora perché non ci riesci ? : hai un « corpo
» - e cioè tu -, hai l’acqua – e cioè la libertà…>
<Ma non lo so ! non lo so ! qui sei tu che giochi a fare il socrate
!>
<Oh bè, allora stai attento perché Socrate per
lo più ignorava le risposte…>
<D’accordo d’accordo…vai avanti : perché non riesco a
bagnarmi con la libertà ?>
<Cosa abbiamo detto che non si può bagnare mai e in nessun
caso ?>
<L’acqua !…ma arriva al punto !>
<Se allora tu fossi l’autoconsistenza - la libertà - potresti
essere autoconsistente? L’autoconsistenza forse non può essere autoconsistente.>
<mmm…ma io sono io, non sono l’autoconsistenza, se io sono io,
allora non posso essere l’autoconsistenza…>
<Eh…non è così semplice: quello che tu indichi
con la parola "io" è qualcosa che ha tra le altre la prerogativa
di diventare ciò che crede di essere. Pensaci un attimo: forse tu
sei necessitato a fuggire in difesa della tua autoconsistenza e della tua
libertà perché senti di essere la libertà in sé,
l’autoconsistenza, come tale impossibilitata a non essere che quello che
è: come tutto quello che è "in sé": quel bicchiere
può essere pulito, sporco, bello, brutto: ma non può non
essere un bicchiere.
<Che vuoi dire?>
<Che forse l’angoscia coattiva e meccanica (e quindi schiavizzante)
che senti e per la quale difendi la tua libertà, esprime il fatto
logicamente chiaro che la libertà non è libera, e che dunque
la libertà che si vuole realizzare in modo assoluto non libera ma
schiavizza>
<Vuoi dire che l’unico modo per essere libero-di-non-fuggire
sarebbe capire che io non sono assolutamente libero, cioè non sono
la libertà, e che dunque in parte non sono libero?>
<Già…chi vuole godersi un bagno non può essere
l’acqua>
<Sì sì va bene…ma che vuol dire? Non mi suona:
che significa che per essere libero, in parte devo non essere libero?…se
in parte non sono libero, in quella parte sarò schiavo…e allora
come spunta fuori che poi riesco a non essere angosciato e schiavizzato
in nome di una mia parte schiava?"
<Eh…>
<Eh che?>
<Bada a come imposti la questione…stai facendo lo stesso errore
di cui oggettivamente ti accusa la tua ragazza…>
<E perché?>
<Perché prendi quell’ in parte come un’espressione materiale
e corporea>
<…>
<Pensaci: se io ho una torta crema e cioccolato con una parte
crema e dall’altra cioccolato e la divido, ho da una parte l’una
e dall’altra l’altro. Nella parte crema non ci sarà cioccolato>
<Eh già…>
<Tu consideri te stesso come quella torta: la torta libertà-illibertà.
La dividi, e la parte non-libertà non contiene libertà, e
tu ne deduci che contiene schiavitù>
<Certo>
<Ma così ti sbagli in due punti: siamo d’accordo che la
libertà in se stessa non è la non-libertà, e cioè
non è nient’altro che libertà?>
<Certo>
<E possiamo dire che ciò che non è libertà
sta "fuori" della libertà. E che la libertà, fuori
di sé ha solo non libertà>
<Sì>
<E qui è il guaio: siamo sicuri che in questo modo la
situazione è descritta bene?Facciamo un altro esempio. Assumiamo
che il fuoco sia il contrario dell’acqua, che insomma abbia in sé
un principio, una natura opposta. Se prendi tutta l’acqua e la metti da
una parte, cosa resterà fuori?>
<Tutto cò che non è acqua.>
<Ecco, non solo il fuoco; non solo, diciamo, l’ "antiacqua">
<Vero>
<E allora, perché tu affermi che fuori della libertà
c’è solo la schiavitù?>
<Bè…io parlo di una persona…insomma, quando una persona
non fa una cosa liberamente, allora la fa non liberamente…non in modo neutro>
<Bene…allora diciamo così…la persona è la tua torta
crema e cioccolato: dove non c’è crema, c’è solo e soltanto
cioccolato>
<Sì>
<La persona, insomma, è quella particolare realtà
in cui a tuo dire non è dato terzo: o acqua, o fuoco>
<Sì>
<E il pan di di spagna?>
<?>
<Il pan di spagna: la torta è torta alla crema e cioccolato:
sotto c’è il pan di spagna. La persona di cui tu parli, tu dici
che è aut libera aut schiava: come in qualsiasi alternativa secca
e assoluta è scomparsa la persona. È sulla torta che c’è
o crema o cioccolato. Così verrebbe di dire: è la persona
che è libera o schiava: il tertium come si direbbe non è
una via di mezzo tra libertà e schiavitù, che stando alla
tua impostazione anche io non ho inserito nel discorso: il tertium che
tu contesti quando dici che in quanto una persona non è libera è
schiava, è la persona stessa. Insomma: la possibilità di
non essre schiavizzati dalla libertà, e di essere bagnati, non sta
nella schiavitù (la cioccolata) ma nel pan di spagna: una
persona. Se da qualche parte risiede, questa è proprio la persona>
<Ora mi sono perso>
<Il punto era questo: la tua donna ti accusa di essere schiavo
della tua libertà perché non puoi fare a meno di aroccartici.
S’era detto che l’errore da te compiuto stava nel tentativo di essere assolutamente
libero, la libertà stessa, e che se invece riuscivi ad essere qualcosa
di più, o di meno… insomma in qualche modo non assolutamente libero,
lì risiedeva la possibilità che tu ti consentissi di aprirti
a lei rinuncinado ad una assoluta autoconsistenza che ti incatenava>
<Si>
<Tu però hai obiettato che è assurdo dire che occorre
non essere liberi per essere liberi.>
<Vero>
<Ma il punto è che tu hai sentito il contrasto tra essere
assolutamente liberi e non essere liberi come se in questo caso si trattasse
di essere schiavi.>
<Già>
<Ma eravamo d’accordo che essere assolutamente liberi voleva
dire essere la libertà stessa, mentre "al di fuori" della libertà
stessa non c’è solo schaivitù ma anche il pan di spagna:
tu stesso.>
<Sì va bene ora ci sono>
<Il filo ci ha portato in un punto nevralgico. Quello che è
interessante ora è cercare di capire perché ti metti a fare
il sofista>
<Io?!?>
<Ma sì…è di questo che ti accusa la tua compagna!
Insomma: da quanto abbiamo detto fino ad ora è vero o no che in
ultima analisi sei accusato di pensare che non-libertà assoluta
è uguale schiavitù, che non-acqua è uguale a fuoco?
Vedo che annuisci…Ora, questo lo facevano i sofisti parecchi secoli addietro.
Sostenevano per esempio che siccome la disinvoltura non è Tizio,
allora se dico che Tizio è disinvolto mi contraddico perché
sostengo che Tizio non è Tizio>
<Bè… non è un granchè come argomentazione:
è la disinvoltura che non è Tizio…se dico che Tizio è
disinvolto sto attribuendo una caratteristica a Tizio, non sto dicendo
che Tizio è la disinvoltura stessa>
<Eh già…infatti a quanto sembra da qualche parte tu non
sei così disinvolto logicamente, e fai il sofista: da qualche parte
tu ritieni, o senti, o vuoi essere la libertà…e la libertà
è costretta ad essere solo se stessa, come Tizio: del quale i sofisti
dicevano che o ci limitiamo a dire che appunto è Tizio, o ci contraddiciamo.
Così, tu sei paralizzato. Da qualche parte ti poni come obiettivo
di essere la libertà, dando retta al sofisma: se la libertà
non è Tizio (ed è qualcosa come un bicchiere), allora Tizio
non può limitarsi ad essere libero (ad avere come caratteristica
la libertà) perché questo sarebbe contraddittorio: Tizio
non può essere Tizio e un bicchiere. Ne segue che Tizio ha come
unica possibilità, quella di essere il bicchiere.>
<E perché uno dovrebbe essere così idiota?…da voler
essere il monumento della libertà?>
<Ci risiamo: l’altro giorno sostenevi che gli uomini sono stupidi
perché si arrabbiano con le caffettiere. Oggi per quest’altro motivo.
Forse ci sono delle buone ragioni.>
<Avanti>
<Dicevamo del fatto del pan di spagna>
<Si…che sarei io. >
<Infatti: ma questo io che è? Insomma, questo qualcosa:
o è un meccanismo o simili, e allora è schiavo, o è
libero. Così tu diresti. O quanto meno hai detto. E qui c’è
il vizio: lo stesso vizio che ti fa tendere ad essere la libertà
e non soltanto libero.E cioè: quando tu sei d’accordo che fuori
della libertà c’è non libertà e solo non libertà,
consideri la libertà come una cosa, veramente come l’acqua, o un
bicchiere: lì c’è l’acqua, e fuori c’è altro.Ma è
qui che collassa tutto quanto: se pensi che "fuori" della libertà
assoluta c’è assoluta non-libertà, se pensi che se togli
l’acqua resti asciutto perché tu non sei acqua ma un altro corpo;
se insomma pensi alla libertà come ad un oggetto, allora o sarai
tu stesso quell’oggetto - ed è il tuo tentativo – o sarai
schiavo per l’appunto come un oggetto. Una volta che tu hai fatto della
libertà un oggetto, l’acqua con cui ti bagni, fai anche di te stesso
un oggetto, e allora è chiaro che potrai dire: o sono meccanico
(in quanto oggetto) o libero. Nel voler essere la libertà consideri
la libertà una cosa e non una caratteritica, una condizione o simili,
e soprattutto consideri te stesso come una cosa, che in quanto tale, come
quella caffettiera , o è un meccanismo, o non lo è.>
<Quindi oltre a voler essere la libertà, io penso anche
di essere un oggetto, e tutto questo senza saperlo>
<Penso di sì>
<Come! Lui pensa di sì! Mi dice che sono un imbecille
che vuole essere la statua della libertà e che ritiene di essere
una caffettiera..e pensa di sì! Te ne stai lì seduto a rubare
lo stipendio…>
<Guarda che anche io credo e voglio le stesse cose!>
<Cosa?>
<Mi sento una caffettiera scassata che anela all’assoluto>
<Uh uh!>
<Ma sì. Il punto non è che siamo idioti. Il punto
è perché desideriamo essere una caffettiera, e fuggiamo la
libertà>
<Guarda che finora hai sostenuto l’esatto opposto!>
<Va bene lo stesso>
<Sentiamo…>
<Ma si…essere una caffettiera vale come essere la libertà:
non sei libero solo se desideri ciò che non puoi ottenere. La caffettiera
ha il totale dominio della situazione. L’assoluto schiavo e l’Onnipotente
coincidono>
<Ma che dici?…>
<Non lo dico io: lo ha detto duemila anni fa Gesù Cristo:
ha detto che Lui e l’ultimo dei servi sono la stessa persona>
<Digressioni eccessive…>
<Mica tanto. Tu vorresti amare, e non ci riesci perché
vuoi essere libero, ma non riesci neanche in questo. La tua libertà
ti schiavizza. Mentre l’amore della tua compagna non riesce a volerti bene
e lo senti come una violenza>
<E allora?>
<E allora il cristianesimo ha espressamente inventato la grazia:
che è quella cosa con la quale soltanto si può amare, essere
liberi, essere vivi. Con la grazia la polvere - la materia inanimata come
quella caffettiera – diventa cosa vivente. Il fatto è che per il
cristiano essere una caffettiera ed essere libero, isomma essere la libertà;
anche: amare senza uccidere e far violenza è una cosa che riesce
solo a Domineddio>.
<E allora, dove vorresti arrvare? Io non sono cristiano>
<Non ci giurerei. Tu pensi che "tu", diciamo la tua anima, è
un oggetto>
<Embè?>
<Bè…un oggetto non è poi una cosa libera. Se tu
ti pensi come un oggetto le cose sono due: o qualcuno regge i tuoi fili,
o qualcuno ti dà la libertà. Tu hai fin qui proceduto per
opposizioni assolute: o libertà o schiavitù; o amore o violenza.
"O con me o contro di me" ha detto il fondatore del cristianesimo. È
il modo stesso in cui vivi il problema che è ricolmo di teologia.>
<Bene! Voglio essere la libertà, e mi sento una caffettiera;
voglio essere una caffettiera e rifuggo la libertà; ora scopro di
far la teologia!>
<Non solo: fai teologia, nel tentativo di sostituirti al padre
eterno. Travestirsi da caffettiera è una tecnica classica>
<Ha parlato l’oracolo. Che vuol dire "è una tecnica classica"?!>
<Oh bè…lo facciamo tutti, in continuazione.>
<Alternative?>
<Mah…si potrebbe dire che dovremmo evitare di voler essere onnipotenti,
e dunque di voler essere delle cose inanimate. Se lo facessimo, se riuscissimo
ad essere semplicemente liberi, e dunque delle persone, forse la smetteremmo
di anelare alla grazia divina.>
<E come si fa?>
<Non lo so. Questo non lo so.>
<Le tue conclusioni sono sempre illuminanti>
<Non sono mica il padre eterno>
<Peccato>
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