Mia cara, quest'ultima lettera (ho perduto
il conto) non te la spedirò. E forse te la farò leggere,
ma devo sorvegliarti, spiare le tue reazioni.
Oggi sono figlio di Spleen, oggi è
come se mi avessero messo a testa in giù.
Oggi non gira come dovrebbe. Perché?
difficile spiegare la cosa. Difficile capire, difficile è già
chiedersi i perché, anche un solo perché.
Ma per me tutto è difficile, complicato,
inestricabile; e per consolarmi: inutile. Lo avrai capito, questa
è una lettera triste. A volte ho paura di parlarti della mia tristezza:
non riesci a fartene una ragione. Inesplicabilmente te ne assumi parte
delle responsabilità. Ed è sbagliato. E' sbagliato e ingiusto.
La Melancolia è mia. Ha una causa in se stessa e si rivolge
a se stessa: la malinconia c'est moi!
E se io te ne faccio partecipe è
perché ti ritengo in grado di capire. Puoi capire ma non ci riesci,
ancora no, perché?
Spesso mi sento così inconsistente,
vuoto come un'ombra che vorrebbe vita propria (perché sa cos'è
la vita) ma si deve accontentare di invidiare solo quella dimensione in
più che la separa dalla coscienza. Un'iniqua promessa
che alla fine scopro essere solo una bugia. Tutto è così
provvisorio che mi viene da ridere pensando ad un possibile riscatto. Voglio
dire che, mi illudo di avere raggiunto una meta, invece è solo l'ennesimo
sberleffo che mi invento, un altro scacco alla mia esistenza.
Tutto è provvisorio, anche quel
piccolo lago blu sull'alto monte è provvisorio, sarà colmato
presto da una frana.
Ogni vita si autoesclude vivendo!
Ogni esistenza si conclude quando nasce.
E, vertice del banale, l'inizio è
il principio della fine.
Ecco perché anche se mi assegnassero
un Nobel ogni gioia mi scivolerebbe di dosso, farei un sorriso di triste
compiacimento e gli volterei le spalle. E' questa la mia timidezza!
E' questa la mia inquietudine che mi trascina nella gentilezza, nella bontà,
in quella disponibilità verso gli altri che tanto mi accomuna agli
inetti. Tutto qua il segreto della mia sensibilità: ogni cosa che
sa che sta per finire non si arrende, ma
sorride alla morte perché riconosce
l'unica e vera meta, quell'insonnia universale che accomuna ogni cosa vivente
e non.
E' bene arrendersi alla provvisorietà,
all'incommensurabile nulla, come aveva ben capito Tertulliano (credo quia
absurdum). Inutile crederci, impossibile capire, ricercare sempre! Sapere
di non sapere è l'unico momento in cui le ombre si arrendono all'intelletto.
E poi: anche le stelle cadenti stanotte
si invertono e dai monti si inerpicano nel cielo, mentre i miei pensieri
- attraverso gli occhi - trafiggono il mantello nero dell'Universo. Io
provvisorio, io senza patria. Io senza cielo, io affamato di stelle che
stanotte dovrebbero gocciolare sulle mie speranze abbattendo l'arsura;
poi un'angoscia che mi corteggia da tanto.
Notte senza stelle cadenti, notte da cielo
insonne.
Io provvisorio, io deluso, io che non so
redimermi attraverso te io che non so garantire me stesso. E' così
questa notte cadente, questa notte di nozze tra Cielo e Terra, notte di
festa per lo stellato.
E io provvisorio, io incompiuto, resto
a guardare senza più desiderare, e quando una lacrima di stella
si fa scoprire solo da me, il desiderio e la paura celebrano un rito
di antico amore: e io a fare da testimone, io qui da solo - tanto
immenso - ma senza dimensione, raccolgo questo silenzio e mi accontento
di dormire. |