C'era una volta un gatto di nome Abu, era magro,
dal pelo lungo, arruffato e striato di tutti i colori. Aveva due grandi
occhi color cioccolata, dolci come il suo cuore. Viveva in una cittadina
decadente di nome Geo, in un sobborgo molto povero insieme alla sua famiglia.
Erano in tanti ed il pane non bastava per tutti. Un giorno il padre, che
ogni tanto faceva lavoretti, per coprire almeno la fame dei suoi figli,
si ammalò e morì.
Abu ne fu molto addolorato, non sapeva più
come fare, la madre si disperava, come del resto il cuore e lo stomaco
di tutti loro. "Come posso fare? Non voglio morire o veder morire mia madre
o i miei fratellini? Qui ci sono poche possibilità per mangiare?"
miagolava alla Luna. Mentre stava per ritornare a casa, avvolto nel suo
dolore e nei suoi pensieri una stella colorò il cielo e finì
il suo viaggio dall'altra parte. Un'idea balenò nel cuore di Abu,
"Ma certo posso andare a cercar fortuna nella grande città, che
sciocco, questo è un sobborgo povero......"; contento e deciso si
raggomitolò e prese sonno.
Quando il sole apparve tingendo il cielo di rosso,
Abu strizzò gli occhioni ed andò ad avvisare la madre della
sua partenza. Si salutarono, la sua famiglia era molto triste e la madre
miagolava in maniera roca, un segno preoccupante, si stava anche lei ammalando.
Abu lo sapeva e con ancora più forza partì verso la città.
Arrivò al tramonto, distrutto. Grigi edifici,
tanto cemento ed una cattiva aria irrespirabile lo accolsero. Era il profumo
del denaro. Trovò rifugio per dormire, tra dei cassonetti pieni.
Era domenica. Oima, si svegliò al calduccio
nella sua stanza. Era una cagnetta, cicciottella e completamente bianca,
dal pelo corto e gli occhi verdi. Verdi come il denaro, pensava. Era molto
ricca, i soldi le davano gioia. Molte sue attività le aveva erette
nel sobborgo della città, era più conveniente anche se non
le piaceva proprio mescolarsi con quella feccia. Mamma mia, ogni volta
che andava ritornava a casa con un maleodorante odore di miseria. Ma perché
non gli eliminiamo... le banconote le ricordarono il fatto che era una
manodopera a buon prezzo.
Si alzò e andò a farsi una bella
doccia abbondante di acqua e di profumi, si curò, si pettinò,
fece una abbondante colazione ed uscì per andare in chiesa. Nel
tragitto continuava a pensare a quelli straccioni, "odiano Dio è
per questo che sono così sfortunati, invece credono in dei strani,
falsi....." una spinta la fece ruzzolare a terra. Una macchina stridente
le passò a pelo. Oima si alzò ansimando, tenendosi la zampa
ferita. "chi era stato quel maleducato?" poco distante da lei giaceva Abu,
privo di sensi. "Anche qui, la feccia, brutto mascalzone maleducato, stattene
nel tuo zozzo mondo....." . Stava per colpirlo con la borsa, quando un
bue passante la fermò. "Signora, scusi ma le pare il ringraziamento
da attribuire a questo giovane gatto che le ha salvato la vita? Non so,
se se ne è accorta ma ha attraversato senza guardare e una macchina
la stava per prendere sotto..." . Il bue scomparve nella chiesa. Oima era
sconvolta, quell'orrendo gatto le aveva salvato la vita? Non sapeva se
esserne felice oppure no. Ma visto il fatto che ancora dei passanti osservavano
la scena, riluttante prese in braccio Abu e lo portò a casa sua.
Abu si svegliò su qualcosa di morbido,
di cui non ne conosceva l'esistenza, era una bellissima sensazione. Aveva
però un grosso mal di testa, e complice la fame riusciva a malapena
ad aprire gli occhi. Ricordava solo di essere arrivato in città,
di aver dormito, di essersi alzato e mentre stava andando in giro in cerca
di un lavoro, di aver visto una cagnetta molto distinta attraversare la
strada, la macchina che correva e che stava per prenderla sotto e poi...
più nulla.
Aprì gli occhi a stento, una sagoma già
vista le apparve davanti.... era la cagnetta. Allora era riuscita a salvarla.
I suoi occhi sprizzavano felicità, pura e semplice. "Ben svegliato,
signorino, allora stai bene? Puoi anche ritornare da dove...." Oima stava
per terminare la frase, quando incontrò gli occhi di Abu. Erano
stupendi, dolci e di colore come la cioccolata. Abu non ce la faceva più,
non riusciva ad alzarsi, era stanco e i crampi allo stomaco non lo aiutavano
a raccogliere energie inesistenti.
Oima se ne accorse, il suo animo era cambiato,
andò in cucina e ritornò dal suo salvatore con ogni ben di
dio.
Mangiò tutto Abu, e la ringraziò
subito. "che bene che vivi? Che bella casa? Che buono il vostro cibo? E
quanto?", in realtà ad Oima non pareva tutto ciò così
bello, e poi erano sempre le stesse cose, non c'era gusto. Rispose con
un si poco convinto.
Stava cambiando Oima lo sentiva, gli occhi di
Abu erano molto più belli del denaro....e adesso capiva che le aveva
salvato la vita. Gli domandò con dolcezza: "Io mi chiamo Oima, e
tu? E come mai sei qui in città?".
Abu abbassò gli occhi e rispose: "Mi chiamo
Abu, abito insieme ai miei fratelli e a mia madre nel sobborgo, di lavoro
ce n'è poco ed è sottopagato, non abbiamo da mangiare, mio
padre è morto. E mia madre sta male... e io sono senza cuore...
tutto ciò che ho appena mangiato, avrei dovuto portarlo e dividerlo
con loro... era tanto e molto buono."
Una tazzina di latte, dei biscotti e della marmellata,
tanto e molto buono?? E lui si dispera per non averli divisi con la sua
famiglia?? Aveva l'animo sensibile come la bellezza dei suoi occhi. Cosa
poteva fare per lui?? Ma certo io ho tante fabbriche e industrie nel sobborgo,
e sono anche una potente in questa città... ho deciso, aiuterò
lui e tutti quelli come lui... li abbiamo derubati, è inutile chiudere
gli occhi....bisogna rimettere la situazione apposto non è giusto...
Oima alzò il viso di Abu e lo guardò fisso, deciso: "Non
ti preoccupare, fratello, ci penso io!"
Alcuni anni dopo, Geo era diventata una città
meravigliosa, compatta, il sobborgo non esisteva più, l'aria era
molto respirabile, il cemento ed la natura erano equilibrati, come la ricchezza
e la felicità.
Abu era seduto sul balcone di casa sua, viveva
vicino alla madre ed agli altri fratelli, e guardava la luna. Era tutto
avvolto nel buio, nella tranquillità. Qualcuno uscì dalla
doccia.... era Oima. Si avvicinò ad ABU ed insieme guardarono le
stelle... gli occhi color cioccolata e quelli verdi di speranza, non più
di denaro, si coccolavano abbracciati da quell'aria di giustizia, di amore,
di pace e di libertà. |